L’atroce fine…

L’atroce fine…

– Di grazia l’imputato parli, apra bocca, SI DI FEN DA o questo procedimento verrà chiuso all’istante!

Così tuonava, ben assiso sul trono inquisitorio, sua eccellenza il presidente della corte della contea dei Fichiculoni, chiappa dest, chiappa sinist eee SBAM, le martellate che tira sua eccellenza.
Il lamentoso mormorio che non proveniva dal gabbiotto dove era incatenato l’imputato Giona aizzava ancor più la folla, il silenzio fiero di Giona l’accendeva la folla, mandava il  sangue alla testa, e scatenava tacchettii nervosi, scioglieva le membra di bigotte intorpidite, tendeva i colli di bigotte rugose, gonfiava le gote di bigotte spazientite, roteavano le lingue nelle bocche le bigotte golose e le bigotte frigide avevano  un fremito composto, compassato  ma fremito; un lamentoso mormorio si voleva udire ma non s’udiva e qualcuno che non vedeva bene avrebbe detto di udirlo questo lamentoso mormorio.
Una folla senza precedenti alla Corte d’Assise, il paese intero e pure qualcuno dalle campagne s’era arrischiato a salire, che vedere Giona valeva di certo il rischio di una bussa, di un paio di calci in culo.

Ancora poco sarebbe durata la messinscena e poi i signori giurati si sarebbero ritirati per deliberare, avrebbero rilassato il sopracciglio nel tragitto verso la camera di consiglio per rialzarlo appena giunti in quella stanza ovale tutta specchi che ti guarda da ogni dove, che vede se hai il sopracciglio alzato o non ce l’hai.
E allora sarebbe stata fatta, l’usciere Alfredo, che non si liberava da due giorni,  avrebbe tirato l’acqua e aperto un po’ la finestra per far cambiare l’aria. Tempo niente avrebbero deliberato, snocciolato la sentenza e la sentenza sarebbe stata: rogo!
Un rogo a norma di legge, falò a norma di gregge, Giona flambè, spumanti e frisè alla festa la sera, il gran ballo, il gran ricevimento con tutto il reggimento in alta uniforme, e bigotte di qua e bigotte di là e bigotte a non finire e bigotte a perdita d’occhio, bigotte fino a notte, fino all’alba, bigotte sfinite con le calze smollate che arrancano controvento verso casa.

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