Bastia
Una volta la notte, quando ce ne stavamo seduti qui, potevamo sentire della musica diffondersi, attutita e addolcita dalle curve a gomito dei vicoli, dal fogliame compatto degli alberi e da tutta quella corteccia che assorbe i trìtoni argentini che nient’ altro altrimenti può smorzare per interi, interminabili secondi. Una musica aspra come il mare, senza trilli e orpelli, appoggiature o acciaccature, ornamenti, fioriture, barocchismi. Una musica asciutta e forte, una musica curva che scorreva dalla città di sopra, giù tra l’acciotolato della scalinata che scende al porto vecchio e che un poco si fermava a pungere e a spernacchiare il pino secolare e a solleticarlo in tutte le sue ascelle (si sa che i trombettisti sono indifferenti alla botanica).
Quella bella musica è passata, ma noi ogni tanto di lì scendiamo ancora e gliela ricordiamo al pino e alle pietre della scala, col nostro fischio stonato, col nostro mormorio sfiatato.
Pian pianino, in qualche modo si viene giù. Ma di salire non è più tempo.
Il tempo.
Il tempo ha i suoi tragitti oscuri, è inesorabile e non vuole mai farsi prendere o capire, cancella gli uomini e le cose e riduce tutto a minutaglia, anche i pesci, i pensieri e le parole, e delle mille lampadine accese rimane solo il ricordo, e della Regina delle Maree rimane la leggenda di un salvagente sgonfio alla deriva dalle parti di Scilla, dall’altra parte del mare.
Va così, nessuno di noi se ne fa cruccio. Abbiamo saputo vivere, ce ne sapremo andare.
Questa è la stagione di starsene al riparo, senza rammarichi e rimpianti.
Ci siamo ancora tutti, quelli di mare e quelli di terra, quelli dalle braccia forti e quelli col cervello fino, insieme come prima, insieme come sempre.
E’ una fortuna.
E ce ne stiamo così, stretti nell’abbraccio del quartiere dissestato che ci protegge dalle frecce del maestrale, annegando nel vino gli acciacchi ed i pensieri funesti, ci raccontiamo un po’ di quanto eravamo bellimbusti e poi, quando ognuno ha posato in terra l’ultima parola, lasciamo che quello più sdentato legga qualche pagina e così ci addormentiamo a uno a uno finché Patrice alla mattina sistema i tavoli e ci sveglia col profumo del caffé.