Esercizio
Immagina di essere un personaggio del mito di Orfeo e Euridice.
Ma che cazzo prof, non la so.
Ok, la storia è questa:
Orfeo è una specie di metallaro ante litteram, suona la lira in giro per i boschi della Tessaglia e spacca i coglioni a uomini, dei e ninfe dei boschi. Il frastuono immondo che produce col suo arnese è tale che Zeus, maledicendo il momento in cui gli ha regalato quel cazzo di pseudo divina chitarra, lo vuole fare becco prima e cadavere poi, quindi manda un suo sgherro a importunare la di lui gallinella presagendo il di lei strepitare e la lite che ne sarebbe di certo seguita.
Zeus oggi è sicuro di sé, e sa che basta lasciar fare agli uomini. Si dà un tono da direttore d’orchestra, gioca al drammaturgo, vuole solo dare il la perché sempre da cosa nasce cosa.
Così oggi rifiuta platealità magiche o divine, se la vuole godere la giostra degli eventi che si mettono in moto, pregusta la parola che tira l’altra, si predispone al tono che sale, al sangue che si scalda, al coltello.
Senonché la gallina non disdegna affatto il messo e gli s’appiccica a sanguisuga tanto che quello per scrollarsela di dosso la getta alle ortiche dove, caso vuole, suole trovare ricetto velenosissima serpe che azzanna (ah il poveretto, ché l’istinto è la difesa) il piedino della fedifraga che ci resta secca, sì, e di tutto ciò Orfeo non s’avvede che quello se la suona e se la canta e se la canta e se la suona.
Dio che casino, pensa Giove e già che c’è scappato il morto sbagliato se ne lava le mani, che intanto il citrullo ha rinvenuto la salma e già, pensa, distrutto dal dolore, è disinnescato.
Ma quello, così ridotto si rivela più nocivo di prima perchè gli s’attacca all’anima una lagna che se la piange e se la canta e mena il torrone al punto che nei pressi dell’olimpo le villette a schiera vengon via con niente; i faggi s’ammosciano, le ninfe s’impiccano o si danno la morte gettandosi nel vuoto, le ninfee si inabissano per sempre.
Perchè Zeus non lo fulmini in un fiat è lasciato al lettore.
Gli viene invece concesso il più che raro privilegio di scendere nell’Ade (che allegria) e raccattare la salma, Euridice appunto, rediviva fra gli inferi, e riportarsela indietro.
Al dio pareva pacifico, d’altro canto Enea s’era già scavato dai maroni da qualche centinaio d’anni e viventi in giro a brigare e curiosare in giro non ce n’erano, il fiorentino in braghe da joker poi, il cammin di sua vita non era ancora cominciato, figuriamoci il mezzo di quel cammin.
Ma l’inferno, si sa, non è un così bel posto e non ci si vive granché bene e per quanto ci si abitui un po’ a tutto i dannati hanno i propri ritmi ormai, i propri cazzi e davvero non lo reggono il rincoglionito che se la lagna neomelodico e non tira una gran bell’aria giù di sotto.
Com’è e come non è il nostro arriva al cospetto di Lucifero col quale, come stabilito dal dio, deve barattare il bagascione per la cetra.
Già che c’è prova a farci su due soldi, ma col diavolo non attacca e quando questi sta per mandarlo affanculo che già ha sciolto due collari a Cerbero, capisce l’antifona e si mette buono. Si mette buono e gongola, e mentre gongola ripassa mentalmente il patto col diavolo, perchè quello col cazzo che obbedisce alle direttive che vengono dall’alto.
I patti sono: te la porti via sì, ma non la guardi finchè non ti sei scavato dai coglioni. Se poi, fuori, ci trovi qualche difetto e la vuoi riportare indietro, un consiglio: andate a fare una fototessera insieme giù al Pireo, vi mettete cheek to cheek, vicini vicini sullo sgabello girevole, fate un bel sorriso, guardate lo specchio, siete abbastanza vicini coi ricci che s’intrecciano? Sì? Ecco, adesso sparati alla tempia dal lato libero, funziona da dio, da’ retta a me.
Questi i patti.
Adesso si aspetta che arrivi ma quella tarda e per ingannare il tempo il nostro si mette a fare l’esercizio n.3, quella stronzata del se fossi. Roba patetica. Se fossi una cozza sarebbero cazzi, se fossi un fiume m’appenderei a una fune, se fossi vento ti darei il tormento (Orfeo era proprio un coglione), se fossi birra farei tanta schiuma o poca schiuma?, chiara, scura, rossa, doppio malto?[schiumerei di rabbia]
Orfeo divaga , poi si riscuote, se fossi acqua, se fossi acqua… se fossi acqua, dai Orfeo, se fossi acqua?
Be’, se fossi acqua intanto sarei incomprimibile e se lei mi volesse prendere le scivolerei tra le dita e la accarezzerei dappertutto quando fa il bagno timida nel fiume (Orfeo si vuole immaginare audace e maligno), e poi mi stenderei a pozza, sottile sottile al sole per provare a evaporare. Che viaggio! In alto, leggero evaporato, poi mi riassumerei in nube densa e scura e giù tuoni e lampi per piovere giù a precipizio.
Orfeo divaga ancora, si perde via.
C’è chi dice che fumasse parecchia erba.
Tutto chiaro?
Via, un’ora da adesso, e senza rompere i coglioni.